Settembre 2020
Radicamento
Lo scorso numero di Occhi ha visto alcuni lettori scrivermi per l’articolo “Mente e Cuore…”, più che un articolo sulla meditazione è sembrato un’analisi della società moderna, un punto di vista su come sia la realtà in cui viviamo.
Lo voleva essere, certo, ma dal punto di vista di chi utilizza uno strumento come la meditazione per creare e espandere la consapevolezza propria e di coloro che a me si affidano per questo percorso. Il fatto che “insegni” (tra mille virgolette) a meditare non significa che sia una specie di anacoreta privo di contatti con la società o peggio che la meditazione, come per altro spesso si pensa, spenga l’intelletto di chi la pratica facendosi andar bene tutto quello che accade.
Tutt’altro!
La meditazione semmai apre gli occhi e li apre in un modo tale da non potersi più esimere poi dall’intraprendere un certo cammino. Come spesso si legge, le pratiche meditative trasformano.
Ed ecco il perché del mio articolo di questo mese: il radicamento.
Tra le leggende metropolitane, intorno alle pratiche meditative, una delle più dure a morire è quella che vede i meditatori come gente sulle nuvole, che praticando si estranea dalla realtà e, pressoché avulsi da essa, trascorrono una vita priva appunto di radici e spesso con un sorriso ebete stampato sul volto.
Be’, ho brutte notizie per chi la pensa in questo modo.
Direi piuttosto che è l’esatto contrario visto che radicandosi nella realtà, partendo dal corpo fisico e immergendosi in ogni e più sottile parte della propria esistenza, il meditatore prende contatto in maniera totale, radicale appunto, con tutto, con il Tutto.
I più elementari metodi di meditazione insegnano a radicarsi nel corpo, facendolo diventare una solida base di partenza per la propria pratica, attraverso un capillare contatto con le proprie sensazioni e col ritmo del respiro. Una volta radicati si passa a sentire emozioni, pensieri contenuti della mente cercando di stare con se stessi, di essere con se stessi.
Nel normale corso della giornata invece, fateci caso, non si è mai con se stessi perché costantemente rapiti dai pensieri, dalle distrazioni, da un reticolo fittissimo di idee che come una ragnatela tessiamo nella nostra mente fino a rimanerne prede, immobilizzate e prive di vita cosciente. Ci costruiamo una specie di galera immaginata nella quale ci segreghiamo e dalla quale non siamo più capaci di uscire in alcun modo e, così facendo, il nostro umore, il nostro stato d’animo diventa costante preda di queste situazioni auto-inflitte.
Se dovessi paragonare la meditazione a un mito dell’antica Grecia mi piacerebbe raccontarvi di Teseo e Arianna. Arianna tiene il celeberrimo filo che permette a Teseo di scendere nelle profondità del labirinto di Cnosso e di tornare alla luce dopo aver affrontato il proprio inconscio tenebroso, il Minotauro.
Scendere in profondità in se stessi senza prima aver la capacità di radicarsi bene nel presente è inutile e forsanche dannoso, ecco il motivo per cui è necessaria una pratica di consapevolezza ed ecco perché, il meditatore serio e disciplinato, può affrontare il Minotauro con qualche chance in più di farcela.
Auguro a tutti una sereno rientro e chissà che il sopraggiungente inverno sia di miglior auspicio rispetto ai mesi passati troppo carichi di ansia e preoccupazione.